19 Aprile 2024

Modelli di cittadinanza, Invisibili, mordacchie e cicute

Chi è il cittadino-modello nella moderna società industriale? Chi lavora, paga le tasse, va a votare ed acquista un buon numero di beni, dedicando magari parte del proprio tempo libero ad iniziative culturali o ad opere di beneficienza (che oggi si preferisce chiamare "volontariato sociale"). In una versione meno idilliaca, ma molto più apprezzata dai governanti, lo è soprattutto chi "si fa i fatti suoi", cura cioè solo i propri affari ed è pronto a tacere sulle violazioni dei diritti e delle leggi, purché il suo silenzio sia ricambiato dalla benevolenza del potere politico (qualche anno fa si parlava di "maggioranza SILENZIOSA", ma si potrebbe più crudamente definirli "cittadini acquistabili", pronti a barattare la difesa del diritto uguale per tutti con più comodi favori personali).
Nell´attuale fase di grave e perdurante crisi economica, però, questi modelli diventano entrambi oggettivamente minoritari, in parte per la ridotta capacità di spesa dello Stato, ma soprattutto per la continua riduzione dei posti di lavoro: in Italia sono disoccupati quasi la metà dei giovani sotto i 35 anni e gran parte dei meridionali e delle donne che, non avendo una retribuzione, non pagano le tasse, non comprano beni ed utilizzano il tanto "tempo libero" con lavoretti precari e sottopagati (i giovani), sostituendo lo Stato nei servizi sociali per i membri più deboli della famiglia (le donne) o svolgendo attività illegali (in gran parte del Sud, ma non solo al Sud). Non potendo più rientrare nelle definizioni ideali di "cittadino", diventano così "Invisibili": cittadini di serie B, ingombranti e sempre più difficili da governare, potenzialmente temibili per l´ordine sociale e per chi detiene il potere. Soggetti da emarginare, controllare e mettere a tacere. Chi ne prende le difese, dà loro voce e li invita a contare collettivamente, va represso ed isolato.
Forniamo un piccolo esempio concreto di questi modelli obsoleti di cittadinanza (che contrappongono i seri lavoratori ai fastidiosi perditempo) e dei meccanismi di repressione di chi non vi rientra, allegando a fondo pagina un Comunicato Stampa della maggioranza consiliare del nostro paese, in cui, vanificando d´un colpo tante sbandierate aperture sulla trasparenza dell´Ente pubblico e sulla partecipazione dei cittadini (ora comprendiamo perché il Comune non emana da quasi un anno il Bando per il rinnovo delle Consulte Territoriali dei Cittadini), si attacca la Presidente della nostra Associazione, colpevole di non farsi i fatti suoi, perché denunzia chi specula sul lavoro o gestisce imprese inquinanti e cerca di tutelare gli Invisibili umani (piccoli contadini, operai, precari, abitanti dei rioni antichi, migranti) e non umani (animali e piante) ed il territorio urbano e naturale. Alleghiamo, per chi voglia avere un quadro completo di quanto è avvenuto, anche la sua risposta su Facebook a questo comunicato, la Determina Dirigenziale sul taglio degli alberi nel Parco Comunale (che ha dato avvio a questa polemica), il Comunicato di Italia Nostra a difesa del verde pubblico ed una nota di protesta della minoranza consiliare, che difende il diritto di critica dei cittadini.
Non è storia nuova questa, del resto, e questo piccolo episodio fa parte di una periodica caccia alle streghe, tipica dei periodi di crisi economico-sociale.
Mentre declinava la società feudale, chi la osteggiava era zittito abitualmente con la "mordacchia", uno strumento di tortura in ferro, usato spesso contro le streghe, simile al morso dei cavalli, ma con un uncino che si conficcava nella lingua della vittima ed un lucchetto, che obbligava il condannato ad ingurgitare il proprio sangue, sgorgato dalla ferita provocata alla lingua dall´uncino (nella foto potete vederla alla bocca di Giordano Bruno - un frate filosofo, condannato per eresia nel 1600 dalla Santa Inquisizione e condotto al rogo con la mordacchia - nel bel film di Montaldo con Gian Maria Volonté), impedendogli di parlare per pronunciare sortilegi o arringare la folla.
Molti secoli prima, mentre iniziava il declino della città-stato (la Polis) nella Grecia Antica, Socrate di Atene (che oggi consideriamo il primo grande filosofo politico del pensiero occidentale) passava buona parte del suo tempo nella piazza del mercato (l´Agorà), parlando con i suoi concittadini, per aiutarli a definire insieme quale fosse il vero bene per lo Stato e per le persone che ne fanno parte, ottimisticamente convinto che, se avessero compreso veramente qual era, inevitabilmente lo avrebbero compiuto, diventando migliori come uomini e come cittadini. Ma Socrate stesso era un buon cittadino? Per chi a quel tempo era al potere ad Atene, no: era un perdigiorno, un "tuttologo che parlava del nulla" (allora si diceva "un sofista"), che offendeva gli dei e corrompeva i giovani. Per questo la sua città lo condannò a morire bevendo la velenosa cicuta.
In tempi di crisi è opportuno perciò scegliere a quale modello di cittadinanza conformarsi: a quella di Socrate o a quella di chi lo ha condannato.




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