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2.La seconda fase del mancato sviluppo industriale a Patti: LE ZONE A.S.I. SUL FIUME TIMETO

03-10-2018 09:39 - Le inchieste
Si erano chiuse da poco le due grandi fabbriche degli anni ´60 (Wagi e Tyndaris), quando si cominciò a parlare a Patti, a metà degli anni ´80, della creazione di una nuova Area di Sviluppo Industriale, questa volta ad est del paese, sulle rive del Timeto, nel punto di affluenza del torrente Ronzino. L´arretramento dalla costa era coerente con i progetti turistici e la zona era relativamente vicina al casello autostradale della Messina-Palermo, anche se ancora mancava una strada asfaltata di collegamento.
Il dibattito prendeva le mosse dalla legislazione regionale: i Consorzi per le ASI, infatti, sono stati creati in Sicilia dalla Legge Regionale n.1 del 04/01/1984, con la possibilità di effettuare modifiche ai Piani Regolatori, acquisizione di terreni, creazione e gestione di servizi sociali e tecnologici ed esecuzione di infrastrutture e di rustici industriali, da cedere in vendita o in locazione alle imprese.
Il P.R.G. ASI della provincia di Messina fu depositato al Comune di Patti all´inizio del 1997, ma già nel 1990, durante un dibattito pubblico organizzato dagli agricoltori pattesi, per protestare contro la localizzazione della nuova zona industriale su terreni ricchi di ulivi centenari e di agrumi pregiati, il Sindaco Musmeci ed il consigliere comunale Gaetano Stroscio (che era anche consigliere ASI e titolare dei cantieri navali Marinello) davano ormai per scontata la scelta della valle del Timeto, sottolineando come si fosse persino già proceduto ad assegnare alcuni lotti (alla Ceramiche Caleca ed ai cantieri navali Eolo e Marinello), mentre il presidente dell´USL, Nino Trifilò (già sindaco di Patti per ben un decennio, dal 1978 al 1987) riteneva ormai del tutto improduttiva l´agricoltura pattese, invitando a puntare tutto sulla rifiorente industria.
Analogamente nel 1997 a poco sarebbero servite la protesta del Consiglio Comunale, l´opposizione al progetto del nuovo sindaco Olivo (il primo eletto direttamente dai cittadini), il parere contrario dell´ufficiale sanitario Michele Spadaro (che cercava di tutelare i pozzi d´acqua potabile presenti in quella zona, primo fra tutti il pozzo Ronzino) e la denuncia della CIA (Confederazione Italiana Agricoltori), della CGIL e di Lega Ambiente, diretta a Patti ancora da Enzo Sciacca.
Nel luglio del 2002 un decreto assessoriale regionale approvava definitivamente il P.R.G. ASI della Provincia di Messina, prevedendo due zone industriali a Patti (sulle due rive opposte del Timeto) ed una a San Piero Patti, da collegare tra loro ed all´autostrada con una "strada a scorrimento veloce" dal destino avverso, dato che ancora oggi, dopo 16 anni, copre solo i pochi chilometri tra Patti e la contrada Colla di Librizzi.
Le uniche cose fatte velocemente furono l´abbattimento degli alberi e delle case degli agricoltori sulla sponda orientale del Timeto (la zona ad occidente, fortunatamente, non sarebbe mai sorta, neppure dopo i recenti e vani tentativi dell´attuale amministrazione pattese) e la costruzione di un piazzale che, contro ogni norma igienica e di difesa del territorio, scaricava le acque piovane nel torrente Ronzino e nel fiume Timeto, a pochi metri da quel pozzo di acqua potabile del Comune di Patti, a tutela del quale vanamente si era battuto l´Ufficiale di igiene, Michele Spadaro. Mancavano (e mancano tuttora?) persino allacci idrici e fognari.
Già del 1989, invece, era iniziata a ritmi serrati la costruzione della zona ASI di San Piero Patti, destinata ad ospitare una filiera zootecnica, con allevamento di suini, mattatoi e relativa trasformazione della carne, in 40 capannoni, distribuiti su un´area di oltre 1.000 metri quadri e ricoperti con una doppia ondulina di eternit, tra nuove strade ed ampi piazzali, dominati da un grande edificio a più piani, destinato ad ospitare il Centro Direzionale. Peccato che i lavori si sarebbero fermati altrettanto rapidamente, a causa di contenziosi con i proprietari espropriati e con le imprese appaltanti, travolte infine da un´inchiesta sulla corruzione negli appalti. I 22 miliardi spesi nell´opera avrebbero prodotto solo un grave inquinamento da amianto, della cui bonifica nessuno a tutt´oggi si è fatto carico.
A Patti intanto languiva la creazione della prima zona ASI, tanto che i due cantieri navali – Eolo e Marinello - rinunciavano a trasferirvisi, mentre la Caleca Italia, dopo 4 anni di vana attesa, aveva tirato su da sé il capannone (grazie all´apporto di un finanziamento pubblico di 15 miliardi di lire, concesso dalla SO.GE.PAT, la Società di Gestione del Patto Territoriale di Messina a partecipazione pubblica, che finirà più tardi nel mirino della Magistratura), ma scontrandosi con "lacci e laccioli, che ritardano tutto" e "provvedendo - come dichiarato da Rossana Giacalone in un´intervista all´Opinione del 5 luglio 2008 - "a creare da sola fognature ed altri servizi, sostituendosi alle Istituzioni".
La localizzazione e lo scarico di queste fognature non siamo riusciti a tutt´oggi a ricostruirlo con l´Ufficio Tecnico del Comune, ma prendiamo atto che per diversi anni il Comune fu costretto a mettere fuori uso il Pozzo Ronzino, situato proprio di fronte alla fabbrica di ceramiche e riattivato solo l´anno scorso, dopo sommarie analisi sulla qualità delle sue acque.
Accanto al grande capannone Caleca sorgeranno nella desertica zona ASI solo poche altre realtà produttive, tutte da considerare di livello artigianale, per il basso numero di dipendenti (la Cagifer Sud, la Silegno, l´Edigrafica Panta, la Siciliana marmi, il cantiere navale Trimarchi) ed alcuni depositi commerciali (l´ortofrutta Schepisi, l´Arkeos ceramiche). Dopo il fallimento della Caleca, dichiarato nel 2013, aprirà, in un capannone poco distante, di proprietà della Cagifer, la Ceramiche Siciliane Ruggeri, rimasta ferma, nonostante grandi attese, a meno di 20 dipendenti.
Un anno prima, intanto, la Regione Siciliana dichiarava il fallimento dell´esperimento degli 11 Consorzi ASI e creava l´IRSAP (Istituto Regionale per lo Sviluppo delle Attività Produttive), incaricato di ridimensionare le vecchie zone ASI, ma presto travagliato da contrasti interni e da tagli di fondi. In questo quadro si rivelerà fallimentare, nel 2015, il progetto del Comune di Patti di utilizzare i finanziamenti IRSAP per avviare finalmente la seconda area ASI, posta sulla riva occidentale del Timeto, accanto alla piattaforma di rifiuti della PI.ECO, di fronte all´inutilizzata prima area, in cui sta andando lentamente in rovina il vecchio capannone della Caleca, abbandonato a se stesso dalla curatela fallimentare.
Ma quali erano le attività produttive che puntavano a costruire capannoni nella nuova zona? Proveremo a fare solo delle ipotesi nella terza ed ultima parte di questa inchiesta, dato che l´amministrazione pattese, per ragioni che non comprendiamo, ha tenuto rigorosamente segrete le richieste ricevute.



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