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MASSONERIA: IL POTERE FORSE MENO INVISIBILE

29-01-2019 15:06 - News Generiche
Ad ottobre dell’anno scorso è stata approvata dall’Assemblea Regionale Siciliana una norma, proposta dal presidente della commissione Antimafia Claudio Fava, per la quale i deputati regionali e i componenti del governo siciliano dovranno dichiarare l'eventuale iscrizione a logge massoniche. Un emendamento proposto dai 5 stelle ha esteso questo obbligo anche ai Consiglieri e alle Giunte comunali. Il testo della legge n.18/2018 stabilisce infatti che: "Entro quarantacinque giorni dall'insediamento, i deputati dell'Assemblea regionale siciliana, il Presidente della Regione ed i componenti della Giunta regionale, nonché i Sindaci, i Consiglieri comunali e gli Assessori comunali e circoscrizionali sono tenuti a depositare (…), una dichiarazione, anche negativa, sull'eventuale appartenenza a qualunque titolo ad associazioni massoniche o similari che creano vincoli gerarchici, solidaristici e di obbedienza, precisandone la denominazione, qualora tale condizione sussista". Comunicazioni che “saranno pubblicate sui siti Web dell’ARS, della Regione e dei Comuni interessati”. Molte le critiche degli oppositori, che si sono appellati al diritto di associazione, fingendo di ignorare che la Costituzione vieta espressamente le società segrete e che questa norma si limita solo a rendere trasparente l’affiliazione, senza creare discriminazioni in base ad essa.
Perché lo fa e a quale scopo? Perché il legislatore confida che la trasparenza freni gli intrecci e le complicità che, come la cronaca politico-giudiziaria ha evidenziato più volte, arrecano danno alla collettività. In che modo? Facciamo un’ipotesi teorica e un esempio storico.
Ipotizziamo che in un paese siciliano (uno teorico, sia chiaro) il Sindaco e il responsabile dell’Ufficio Tecnico siano massoni: un caso, si dirà. Bene, aggiungiamo che molti appalti, incarichi tecnici o direzioni amministrative vadano ad altri massoni (magari della stessa loggia): una coincidenza, si può obiettare, dovuta al fatto che molti professionisti sono iscritti alla massoneria, ma un po’ come ci si iscrive agli Ordini professionali o al Rotary Club. Bene. Ipotizziamo che altri massoni (magari Presidenti di associazioni o di cooperative) risultino vincitori di bandi pluriennali per la gestione di servizi e di strutture comunali. A questo punto è d’obbligo la citazione di una famosa scrittrice di gialli: «Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova». E in cosa si concretizza il danno alla collettività? Nella scelta basata non sul merito o sulla migliore offerta, ma sulla contiguità personale dei massoni. Nello sperpero di denaro pubblico, nella bassa qualità dei servizi e degli appalti e nel mancato controllo sulla correttezza delle prestazioni e sul versamento dei canoni. Un danno che si aggrava se qualche magistrato, chiamato a decidere su eventuali denunce o ricorsi, si lascia condizionare dalla propria affiliazione a una loggia (oggi non espressamente vietata, anche se spesso oggetto di controversie giurisdizionali).
Del resto sia chiaro: non è detto che queste affiliazioni, una volta divenute pubbliche, pregiudichino poi il favore degli elettori: anzi, i Siciliani hanno votato per anni politici notoriamente collusi con la mafia o coinvolti personalmente in reati e delitti, quasi fosse un titolo di merito per la loro efficacia nel governare, ed oggi si commuovono molto di più sulla vicenda umana di Totò Cuffaro che su quella di Piersanti Mattarella. L’auto-dicharazione degli eletti e degli amministratori di Regione e Comuni farà solo risparmiare tempo alla magistratura, nell'indagine su eventuali reati, alla poca stampa indipendente, nel denunciare le collusioni, e a quella piccola parte dell’opinione pubblica, che crede ancora nelle istituzioni repubblicane.
Istituzioni che in Sicilia, sarà bene ricordarlo, non sono nate (come nel resto d’Italia) dalla Resistenza popolare all'occupazione tedesca o al regime nazifascista di Salò (nonostante la presenza anche nell'isola di un antifascismo sociale combattivo, ma decisamente minoritario), ma dal patto che gli Americani strinsero, prima di sbarcare in Sicilia, con la Mafia (nella parte occidentale) e con la Massoneria (in quella orientale). A Patti e nella vicina Montagnareale, ad esempio, furono i massoni a segnalare agli aerei alleati gli spostamenti delle truppe tedesche in ritirata, perché le bombardassero. Un patto reso poi evidente, durante il governo transitorio degli Alleati, dalla nomina di Sindaci mafiosi e massoni. A Patti, nel settembre del 1943, dopo i sanguinosi bombardamenti che spianarono l’avanzata di Patton e Montgomery, fu nominato Sindaco Attilio Cappadona, noto esponente massone, nel cui studio di commercialista pochi anni dopo avrebbe mosso i primi passi il finanziere mafioso Michele Sindona. Cappadona cominciò il suo mandato seppellendo la verità dei tanti pattesi caduti sotto le bombe americane (che figura ci avrebbero fatto i liberatori?) e lo continuò intessendo quell'intreccio di rapporti e di affari, che a lungo avrebbe pesato (e forse continua a pesare, come sosteneva apertamente durante l’ultima campagna elettorale uno dei candidati a Sindaco, già vice del passato e futuro vincitore) sul nostro paese. Decisamente un po’ di trasparenza non guasterà, soprattutto se sarà accompagnata da uno scatto di orgoglio dei pattesi indipendenti da quei “vincoli gerarchici, solidaristici e di obbedienza” (a cui fa riferimento la recente legge regionale), che da troppo tempo molti si limitano a sopportare in silenzio.


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