LA SOCIETA' DELLE DONNE È ANARCHICA

08-03-2023 10:40 -

Celebrare la giornata internazionale delle donne esaltando la loro scalata al potere nelle società dell'Occidente capitalistico è la cosa più assurda che ci tocca ascoltare. Il carrierismo e l'ambizione di sedere al vertice di società patriarcali, in cui il controllo di genere è elemento essenziale quanto quello di classe, non combattono di certo quel disprezzo delle donne che non è diverso se si nasconde il loro corpo sotto un velo o sotto immancabili cosmetici e se lo si esibisce solo quando è merce conforme allo stereotipo di mercato o se si lodano le donne solo quando e in quanto “diventano realiste” e si adattano ai poteri dominanti.

Nell'attualità politica Giorgia Meloni approfitta purtroppo di questa occasione per ribadire la sua anticostituzionale riforma presidenzialista e per auto-proporsi come prima donna Presidente della Repubblica italiana in tempi brevi, alludendo ad una rapida cacciata dell'ingombrante Mattarella non appena quella riforma sarà approvata e dimenticando quanto queste autocandidature portino male (Draghi insegna) in Italia.

Ma il cosiddetto “potere delle donne” è in realtà anarchico o tutt'al più (come abbiamo già ricordato in altre occasioni) “contro-potere”, in quanto negazione necessaria della società dominante, basata sull'utilizzazione esponenziale delle risorse naturali, sullo sfruttamento del lavoro umano e sulla guerra come “naturale continuazione della politica” di concorrenza tra Stati. Nel 1861 l'antropologo Bachofen pubblicò un celebre saggio dal titolo “Il Diritto Materno” (e non “il potere delle donne”, come spesso ed erroneamente lo si è tradotto), in cui analizzava quegli albori delle società umane in cui la scoperta dell'agricoltura aveva creato società pacifiche (al contrario di quelle guerriere dei cacciatori e degli allevatori), rette in modo egualitario e collettivo dalle “madri”, cioè dalle donne che hanno il potere di dare la vita e fedeli di una religione “ctonia” (che viene dal mondo sotterraneo) delle Dee-madri, contrapposta a quella celeste del Dio-padre e padrone. Famosissima la sua rilettura dell'Orestea del poeta greco Eschilo come sconfitta del diritto materno ed avvento del patriarcato, sancita non a caso da una dea guerriera senza madre (Atena), nata dal cervello del padre Zeus.

Le società di diritto materno (sopravvissute da quel tempo lontano solo in piccole società isolate, che gli antropologi studiarono nella prima metà dell'Ottocento) erano basate sulla raccolta delle erbe e dei frutti spontanei e sulla coltivazione collettiva del suolo, con la distribuzione egualitaria del raccolto; non esistevano la proprietà privata (e dunque il diritto ereditario) né la famiglia, sostituita dalla libertà della donna di scegliere con chi accoppiarsi e dalla crescita collettiva dei figli. La guerra era sconosciuta e la caccia era un'attività secondaria di ricerca del cibo, affidata ai maschi. L'addomesticamento degli animali non era basato sulla sottomissione violenta ed il rapporto con il resto della natura non era antropocentrico: non si pensava, cioè, che l'universo non-umano esistesse al solo scopo di essere sfruttato e soggiogato dall'uomo.

Non sappiamo quanto a lungo sia durata quest'epoca di “diritto matrilineare”, ma il fatto che le società umane siano nate con essa ci fa ben sperare che il patriarcato sia solo una fase dolorosa della storia, destinata a tramontare e a mutarsi in altro, soprattutto se le donne riusciranno ad evitare di “scalare il potere” e di sprecare la propria intelligenza e le proprie doti per prolungarne l'agonia.