LA POTENZA DEL TEATRO DELLE DONNE

05-07-2022 16:36 -

Quattro anni fa la nostra associazione aveva cercato di organizzare a Patti un “teatro al femminile”, spinta ancora dall'entusiasmo suscitato l’anno prima dalla Mostra dedicata a Mimmi Sciacca, attrice pattese di nascita e romana d’adozione, morta prematuramente, lungo un cammino coerente di passione per il palcoscenico.
Non ci siamo riusciti per mancanza di mezzi e di esperienza, ma continuiamo a ritenere valida quell’idea. E lo spettacolo visto ieri sera all’ex-convento di San Francesco, nel Centro Storico di Patti, “Medea, confessioni”, a cura del Collettivo Marsynoe (con Martina Cassenti, Noemi Scaffidi, Silvia Trigona e Rossella Letizia) ci ha dato conferma di quel che pensavamo, messo in pratica magistralmente da 4 giovani artiste che hanno dominato la scena con una perizia ed un’intensità inattese, sfidando in modo prepotente con voci, espressioni e corpi l’imbarazzo morale che avvolge da secoli il personaggio di Medea: la straniera, la maga, l’assassina, vittima della propria passione e della crudeltà del mondo che non la comprende e non l’accetta.

Perché teatro al femminile, allora? Proprio perché le storie delle donne muovono, fin dall'antichità greca, un vissuto profondo e sempre attuale, che realizza con il pubblico un contatto meno convenzionale e scontato di altre esperienze.
Le offerte teatrali nazionali ondeggiano di solito tra due estremi: o si adeguano più o meno al gusto tradizionale del pubblico più affezionato al teatro, che è quello borghese di una certa età (per dirla con De André, "signori benpensanti, spero non vi dispiaccia") o non tengono in alcun conto la risposta degli spettatori, puntando a mettere in scena ciò che più risponde ad un personale concetto di ricerca teatrale (per dirla con Guccini, "vendere o no non passa fra i miei rischi, non comprate i miei dischi e sputatemi addosso"). In mezzo c´è qualche tentativo di forzare un poco la rassicurante cornice del teatro borghese, con l´aiuto autorevole del teatro colto (sopportato per dovere, più che veramente amato) o con equilibrate contaminazioni di autori di moda. Qua e là, fortunatamente, spiragli di avanguardia.

Il teatro, però, è davvero vivo (fin dalla sua nascita nell'antica Grecia) solo se riesce a convincere il pubblico che si sta parlando di lui, della sua comunità, dei suoi problemi, ed assolve alla sua funzione se questi problemi ha il coraggio di metterli in mostra, di tirarli fuori dal profondo, perché per le due ore dello spettacolo si realizzi quel miracolo della catarsi collettiva, che solo l´arte vera sa realizzare così a fondo.

Vogliamoci bene, allora, e vogliamo bene soprattutto ai nostri giovani: non accontentiamoci di strade sperimentate e di compromessi, né di parlare solo per pochi. Proviamo a ridare al teatro la sua funzione sociale e di portare anche in un piccolo paese di provincia spettacoli più diretti e coinvolgenti.
E il teatro al femminile, che parla di donne ed è recitato da donne, da sempre ha il compito di toccare i nervi scoperti della società (dall'Antigone di Sofocle alla Nora di Ibsen e fin da quando le donne erano bandite dalla scena e create da drammaturghi maschi) e può aiutare le attrici (soprattutto al Sud) a trovare un´autonomia organizzativa, realizzata non di rado con la sfida di essere, oltre che interpreti, autrici e registe, incarnando bene la complessità sociale affrontata dalle donne, che scelgono attività in conflitto con la tradizionale divisione sociale dei sessi.

Oggi speriamo si abbia finalmente il coraggio di ampliare lo sguardo, con l´aiuto di quei giovani pattesi di talento, che hanno dovuto lasciare la Sicilia, oggi come ieri, per trovare una strada pienamente soddisfacente nel teatro, sia come attori che come autori (come ha fatto tanti anni fa anche la nostra indimenticabile Mimmi e come fa oggi Tindaro Granata).

Ciò potrebbe costare uno sforzo mentale, culturale ed organizzativo, ma pensiamo ne valga pena, perché il teatro non è il passatempo di una sera (per questo basta già la televisione o qualche spettacolo musicale di passaggio), ma un vissuto collettivo irrinunciabile, per una comunità che voglia riconoscersi e migliorare se stessa.