Le bombe del ’43 e gli Invisibili pattesi

09-08-2020 16:24 -

Il sanguinoso bombardamento anglo-americano del 9-12 agosto 1943, che avrebbe facilitato l'ingresso a Patti delle truppe alleate, mise fine non tanto al regime fascista (che in Sicilia ebbe sostanziali caratteri di continuità socio-istituzionale, non avendo incarnato lo scontro sociale avvenuto nel Nord Italia, con la repressione delle leghe bracciantili e delle prime lotte operaie), quanto al Feudalesimo, abolito ufficialmente (già in forte ritardo rispetto al resto d'Europa) dalla Costituzione Siciliana del 1812, ma spazzato via dalla storia isolana solo con il regime alleato dell'AMGOT (ancora non indagato a sufficienza nei suoi importanti aspetti istituzionali ed economici), che in 3 anni avrebbe impresso alla Sicilia, prossima a diventare repubblicana, alcuni pesanti e indelebili caratteri, come l'assimilazione organica della Mafia nel nuovo sistema economico ed il peso della Massoneria nel controllo sociale e politico.
A Patti è stata la nostra Associazione, 7 anni fa, a demolire per la prima volta il muro di omertà innalzato sulle tante vittime pattesi di quel bombardamento dalle menzogne della prima Amministrazione cittadina nominata dagli Alleati (diretta dal commercialista Attilio Cappadona, noto esponente massone) ed ostinatamente puntellato per 70 anni dalla borghesia pattese, grata agli Americani per essere finalmente approdata al governo del nostro territorio, se pure accanto ai rappresentanti della nobiltà agraria, che sarebbero rimasti ancora a capo di Patti per alcuni decenni, passando agevolmente dal ruolo di podestà (occupato negli anni '30 da Achille Fortunato) a quello di Sindaco (rappresentato negli anni '50 e '60 da Giovanbattista Sciacca).
Sarebbero stati gli Invisibili pattesi, però, a subire, dopo quel bombardamento, il mutamento più radicale, dato che, dopo essere rimasti per secoli contadini ed artigiani, si sarebbero trasformati ora, con la politica delle grandi e piccole opere incoraggiata dal Piano Marshall e dalla Cassa per il Mezzogiorno, in manodopera a basso costo, immessa di colpo nell'edilizia o migrante per i lavori più duri in tutta Europa, per approdare infine, negli anni '60, come operai generici, nelle grandi industrie del Nord Italia e nelle effimere fabbriche del Meridione, scomparse in gran parte alla fine degli anni '70, portando con sé la coscienza combattiva dei propri diritti, acquisita dagli Invisibili durante questo intenso percorso di trasformazione e destinata a soccombere nella politica dei servizi e delle clientele degli anni '80 e nel lavoro precario di fine secolo.
Eppure quegli Invisibili pattesi, espulsi dalle bombe alleate dai feudi coltivati per secoli e dagli antichi rioni ridotti in macerie, avevano avuto il coraggio di portare viva con sé la memoria orale del massacro anglo-americano (che il nostro Paese Invisibile ha raccolto ed imposto come verità storica nel 2013) e di rialzare la testa, nel giugno del '46, partecipando al grande movimento per l'assegnazione delle terre e per la revisione dei Patti Agrari, agevolati dal decreto Gullo (uno dei politici comunisti che facevano parte del Governo unitario del dopoguerra). Gli Invisibili pattesi trovarono allora la forza di imporre una divisione agraria che lasciava al grande proprietario solo il 40% del raccolto, dopo aver chiuso a chiave, nella Sala Consiliare del Municipio pattese, agrari e sindacalisti fino alla sottoscrizione dell'accordo (nella foto l'assemblea in piazza contro gli agrari).
Oggi, dalle periferie cittadine in cui li ha definitivamente confinati la ricostruzione del dopo terremoto del 1978 o dai luoghi di tutta Europa, in cui hanno cercato un lavoro non clientelare, gli Invisibili pattesi faranno bene a riflettere sulla frattura storica inaugurata il 9 agosto del 1943 da quel feroce bombardamento sui civili e a chiedersi se ci sia ancora modo e tempo per riappropriarsi del proprio territorio e della propria dignità di cittadini pattesi.
Alleghiamo in basso il link del filmato "Patti sotto le bombe del '43", che Nino Cadili ha realizzato in collaborazione con la nostra associazione e lo dedichiamo ad una delle intervistate, la signora Alba Fortunato, che ci ha lasciati il 9 agosto del 2018.