DEA SICILIA

25-07-2019 15:48 -

Grande isola al centro di un mare ricco di storia come il Mediterraneo, la Sicilia è un “continente” dalle mille suggestioni e dalla tante influenze culturali. Oggetto di conquista e di dominazione di diversi popoli, ha mantenuto per secoli una propria identità specifica, che la società industriale degli ultimi settant'anni non ha esitato a svilire nel folklore commerciale e nei luoghi comuni del turismo di massa.
Per questo la proposta di un testo sulla “Dea Sicilia”, che circa un anno fa la nostra associazione aveva ricevuto da Vittorio Ocera, folksinger originale, che ama mettere in musica celebri poeti (da Petrarca a Pascoli) e versi inediti contemporanei, ci aveva inizialmente spaventati, per il rischio di alimentare quella “sicilianitudine” non immune dal conformismo e dal consumismo, in cui cadono non di rado anche scrittori celebrati ed amati dal grande pubblico. Ma non abbiamo voluto sottrarci alla sfida ed abbiamo regalato a Vittorio (in versione siciliana ed italiana) questo testo senza troppe pretese, che cerca di cucire insieme mito e storia di una terra aspra ed affascinante, che tante volte ha visto partire o morire i propri figli migliori, spesso dopo tentativi falliti di profondo cambiamento sociale.
Premettiamo al testo nelle due versioni ed alla registrazione della ballata musicata e cantata da Vittorio Ocera una breve spiegazione.
La Sicilia è nota fin dall'epoca greca come “Trinacria” (che in greco vuol dire “tre alture”, da identificare con i promontori dei suoi tre capi: Peloro, Pachino e Lilibeo), ma il simbolo che da tempo ancora più antico la caratterizza è quello della “Triscèle” (in greco trischelés, cioè “tre gambe”), che rappresenta una testa femminile, da cui si irradiano tre gambe, piegate all'altezza del ginocchio, nel simbolo arcaico della corsa.
Inizialmente la testa femminile, dotata di ali e circondata da serpenti, era quella della Gorgone, una divinità minore che pietrificava con lo sguardo, rappresentata spesso sui templi e nella ceramica siciliana di epoca greca, con un valore apotropaico (cioè di scongiuro), ma già in epoca romana i serpenti furono sostituiti da tre spighe, a sottolineare la grande produzione granaria dell'isola. Da allora, invariato, il simbolo della triscele è approdato oggi al centro della bandiera regionale siciliana.
L'identificazione della Sicilia con una dea è rafforzata da altri culti e miti, largamente diffusi nell'isola. Primo fra tutti quello delle antiche “Madri” (a cui era dedicato un tempio a Gela), identificate da alcuni studiosi con le Ninfe che aiutarono Rea (la “Gran Madre” di Zeus), a crescere il figlio, sottratto alla follia omicida del padre Crono. Le Ninfe dei boschi e delle fonti sono state divinità diffusissime in ogni parte dell'isola e non solo in epoca pre-cristiana, tanto che molte sante cattoliche ne recano ancora numerose caratteristiche, tra cui il potere di guarire con le acque (come la "patrona" pattese, Santa Febronia). Era una Ninfa, antichissima figlia della Terra e del Cielo stellato, anche Etna.
Un'altra potente raffigurazione della Sicilia come dea viene dal culto molto importante, soprattutto nella zona di Enna, della dea Demetra (Cerere per i Romani), protettrice del grano, che veniva associato indissolubilmente con quello della figlia Kore (Proserpina per i Romani), rapita dal dio degli Inferi sulle rive del lago di Pergusa e costretta a restare con lui durante i mesi invernali (con il nome di Perséfone), per poi rinascere sulla terra, accanto alla madre, in primavera.
L'immagine che la ballata presenta della Dea Sicilia è comunque, al di là delle connotazioni mitologiche e dei culti religiosi, quella dell'isola nelle sue caratteristiche fisiche (il sole rovente, il profumo intenso del gelsomino, la lava dei suoi vulcani) e socio-economiche (la pastorizia, la pesca, le tipiche colture agricole, l'estrazione dello zolfo), ricche di violente contraddizioni e di grandi rischi, che spesso hanno costretto il suo popolo ad emigrare, ad allontanarsi da una terra che pure, posta al centro del Mediterraneo, ha sempre attratto nuove genti e nuovi approdi, ma che non riesce a garantire continuità e prosperità a chi la abita.
Una dea generosa e feroce, sempre in bilico tra la speranza e la disperazione.