L´AMIANTO INVISIBILE E LA SCOMPARSA DELLO STATO

04-07-2017 10:12 -

C´era amianto all´interno della PI.ECO (il centro di conferimento e riciclaggio rifiuti differenziati e speciali di contrada Mulinello a Patti) durante il terribile incendio del 30 giugno (che ha lasciato la desolazione visibile nella foto)? "Sicuramente no", ci ha ribadito indignato il titolare dell´azienda, presso cui ci siamo recati ieri per verificare di persona quanto era accaduto, data la scarsa attendibilità di alcune notizie di stampa: proprio perché lo stesso titolare, infatti, gestisce anche una ditta autorizzata alla raccolta e al conferimento fuori Comune di questo materiale, osserva sempre scrupolosamente le procedure previste dalla legge ed un eventuale camion in sosta temporanea (il rischio che avevamo temuto, leggendo le notizie on line di una testata regionale) sarebbe stato immediatamente allontanato, come è avvenuto per i mezzi di raccolta dei rifiuti, messi tutti in salvo dal personale, accorso immediatamente al centro alle prime avvisaglie di pericolo.
Certo sono andati in fumo, accanto a vetro, alluminio, carta e legno, anche la plastica, alcuni copertoni, altri rifiuti speciali (oggetto specifico dell´attività del centro di raccolta), una tettoia di protezione (priva di amianto, ma coibentata) ed i macchinari fissi, che riducono ed imballano i rifiuti differenziati, producendo un denso ed acre fumo nero, ma l´amianto di sicuro no. Possono stare tranquilli, allora, gli abitanti del territorio pattese, rispetto al rischio di aver inalato microfibre di amianto? Purtroppo no, perché se non c´è per nulla alla PI.ECO, su cui i tecnici di ARPA ed ASP e la stampa hanno concentrato la loro attenzione (e ci dispiace di aver contribuito in qualche misura a creare un clima di sospetto solo verso questa azienda), l´amianto era purtroppo ben presente nel resto del territorio andato in fumo: era di amianto la tettoia di copertura di alcuni vecchi capannoni abbandonati (uno dei quali adiacente alla vicina zona industriale) ed accolgono amianto alcuni depositi abusivi, più o meno mimetizzati e più o meno noti agli operatori dell´edilizia e del movimento terra: amianto invisibile, insomma, che ci chiediamo se è possibile che sia ignoto, oltre che ai normali cittadini, anche al Comune e alle forze dell´ordine, che dovrebbe avere il controllo del territorio.
È questo il punto, allora: esiste sul territorio una capacità di conoscenza, gestione e controllo da parte dello Stato (e diciamo Stato complessivamente, al di là dei comodi ed abusati scaricabarile tra enti locali - comune, provincia e regione - e governo nazionale)?
Il nostro Comune ha redatto, un paio d´anni fa, rispondendo all´invito della Regione Sicilia, un bellissimo "Piano Amianto", censendo tutti i manufatti di proprietà pubblica e molti altri segnalati dai privati (ricordiamo, soprattutto per i pattesi, quelli più clamorosi, come i tetti della scuola di Sorrentini e di altre scuole delle frazioni, del Palazzetto dello Sport di via Mazzini e della vecchia fabbrica di ceramiche Caleca alla foce del fiume Provvidenza); un piano che si è classificato ai primi posti nella classifica regionale per i finanziamenti destinati all´eliminazione di questo materiale, diffusissimo in tutta la Sicilia. Risultato: i finanziamenti non sono mai arrivati ma l´amianto censito è stato sottratto così all´obbligo di qualsiasi intervento dei proprietari pubblici e privati: è diventato un veleno di Stato, che potrà restare impunemente lì finché non arriveranno i mitici finanziamenti regionali. È come se, invece di arrestarli, semplicemente si censissero gli assassini seriali: sappiamo che sono là, ma li lasciamo liberi di uccidere.
D´altra parte, invece, per le attività di raccolta e stoccaggio abusivi o per le discariche a cielo aperto di questa come di altre sostanze, che diventano tossiche in caso di incendio (come i grossi copertoni, che giacevano abbandonati nel letto del fiume Timeto), pare non esistano controlli e repressione. E se il Comune (giusto per mettersi al sicuro da clamorose inadempienze) emette Ordinanze Sindacali (come quella per la pulizia dei terreni dalle sterpaglie, o il generico, tardivo ed inquietante "invito" via Internet - con buona pace di chi non ce l´ha -, la sera dell´incendio a "tenere chiuse le imposte e a limitare temporaneamente gli spostamenti non urgenti"), non c´è poi nessun sistema di verifica, sollecitazione e sanzione (quelle attività, insomma, che fanno lo Stato, perché impongono il rispetto delle sue prescrizioni): proprio le sterpaglie di un vicino terreno pianeggiante, ci hanno fatto notare alla PI.ECO, hanno dato il via all´espandersi improvviso delle fiamme sulla riva sinistra del Timeto e sterpaglie fitte invadevano il letto del fiume, che invece che da argine ha funzionato in quel punto da via di raccordo del fuoco, mentre il Comune (che pure potrebbe avocare a sé questo compito) accusa di inadempienza la morente Provincia, che lamenta insieme al Comune quella mancanza di fondi, che ha indotto la Regione a non rinnovare l´accordo sull´uso dei Canadair e a cancellare il Corpo Forestale (privo in questa occasione dei suoi mezzi antincendio aerei e terrestri), ormai quasi del tutto vanamente accorpato all´Arma dei Carabinieri, e a ridurre drasticamente il numero degli operai stagionali.
Lo Stato, insomma, che ha quasi cancellato in questi ultimi anni ogni forma di assistenza sociale, previdenziale e sanitaria, sta rinunciando, in una Regione ad altissima densità criminale, anche al suo ruolo di vigilanza e repressione, dimostrando che la scomparsa dei partiti, elemento essenziale per la Repubblica disegnata dalla nostra Costituzione, era solo un´avvisaglia dell´estinzione in corso dello Stato Nazionale: il territorio è abbandonato a se stesso e, a questo punto, solo i suoi abitanti possono salvarlo, creando forme di raccordo e di sostegno reciproco. Molti di loro, non a caso, hanno dichiarato in questa occasione di essersi salvati solo grazie al proprio sangue freddo e all´esperienza maturata in precedenti esperienze: "da noi non è venuto nessuno" - è una delle frasi che abbiamo sentito di più da chi ha vissuto il dramma dell´incendio - insieme alle accuse di sottovalutazione del rischio già segnalato il giorno precedente, anche perché non ci sono sistemi di vigilanza diffusa antincendio (un rischio che il Piano di Protezione Civile Comunale ritiene BASSO nel nostro territorio), è scarso il coordinamento tra i volontari che intervengono nei vari punti e quasi inesistenti i mezzi. Ricordiamo ancora una volta che in quelle zone non c´è un acquedotto comunale, facciamo notare che le fibre ottiche non erano interrate, ma aeree, per cui sono andate in fumo, bloccando ogni connessione e comunichiamo, a chi non l´avesse notato sul sito del Comune, che è stato messo on line un sintetico modulo di autodenuncia dei danni: non ci sarà nessuno, insomma, che passerà a verificarli sul territorio e tutto è lasciato, ancora una volta, all´iniziativa dei cittadini, che ci auguriamo vogliano creare, a questo punto, un Coordinamento dal basso stabile, per tutelare se stessi e la loro terra.