OPEN PATTI: Migranti nel convento del ´400?

23-08-2015 12:58 -

La notizia che la nostra Amministrazione ha deciso di creare a Patti un Centro di Accoglienza (come attesta la Delibera di Giunta che alleghiamo a fondo pagina), destinato verosimilmente ad ospitare una parte dei migranti, che sbarcano quotidianamente sulle coste siciliane, ci ha sorpreso positivamente, come segno di una condivisibile attenzione verso gli ultimi.
Certo, in un momento in cui la Magistratura ha ipotizzato, con l'inchiesta "Patti&Affari" una gestione a dir poco torbida dei Servizi Sociali nella nostra cittadina, con un inquietante intreccio tra Cooperative "piglia-tutto" e politici quantomeno distratti, se non collusi, viene da chiedersi chi dovrebbe gestire questo Centro di accoglienza, ma accantoniamo per il momento questo dubbio.
Qualche perplessità, invece, ci è sorta per la zona prescelta: quel Centro Storico che dal terremoto del 1978 ha imboccato (per precise scelte politico-amministrative) la strada dell'abbandono e del degrado e per il quale da tempo cittadini ed associazioni chiedono inutilmente un rilancio ed un recupero. E' difficile, infatti, negare che la presenza dei migranti non produce favorevoli effetti urbanistici, né flussi economici, ma crea una sorta di area di sosta, per persone prive di ogni reddito, che non desiderano inserirsi nella comunità che li accoglie temporaneamente, ma che aspirano a ripartire al più presto, per costruire il proprio futuro in paesi più ricchi. Anche questo risvolto, però, ci è parso superabile, dato che spesso è proprio chi ha meno ad essere più ospitale e più pronto a condividere il poco che ha con chi sta peggio di lui.
Quello che ci ha disilluso del tutto, al contrario, è stata la scelta dei locali in cui ospitare i migranti: l'ex-convento di Santa Maria di Gesù, fondato dai Frati Minori Osservanti nel 1478, per il quale da anni i cittadini pattesi chiedono il restauro ed una idonea utilizzazione culturale. Come mai, tra tanti locali di cui il Comune dispone sul territorio, si ipotizza come Centro di accoglienza non solo un monumento storico, ma per di più uno stabile abbandonato da anni, che necessita di un intervento abbastanza lungo (almeno 1-2 anni), incompatibile con l'urgenza dell'ospitalità? Se proprio si voleva attingere al nostro patrimonio storico-architettonico, tanto valeva allora proporre quel Palazzo Galvagno, restaurato da anni ed inspiegabilmente chiuso ed inutilizzato!
Come spiegare allora questa infelice scelta? Non vogliamo pensare che la vicinanza politica del nostro Sindaco al Sottosegretario Castiglione (su cui alleghiamo a fondo pagina un articolo del "Fatto Quotidiano"), già ispiratore del CARA di Mineo (il Centro di accoglienza richiedenti asilo, oggi al centro di un'inchiesta per numerosi illeciti d'appalto e di gestione), possa aver influenzato la poco nobile idea di captare i fondi dell'emergenza migranti per finanziare un progetto di recupero, destinato poi a tutt'altro.
Ci limitiamo solo a rilevare l'assurdità dell'accostamento tra Centro di accoglienza e Centro culturale polivalente, anche perché il primo richiederebbe la costruzione di bagni, docce e cucine che, una volta passata l'emergenza, mal si concilierebbero con una destinazione culturale e tanto meno con quel Museo Archeologico che questa Amministrazione progettava di creare qui solo 3 anni fa. O forse la "polivalenza" del Centro previsto prelude ad una futura destinazione ad Albergo, gestito magari da imprenditori privati, a cui alludono in paese voci insistenti?
Certo, in un'Italia in cui non si incoraggia la collaborazione dei privati per realizzare progetti pubblici, ma al contrario si spendono i soldi pubblici, per interventi da lasciare poi all'utilità dei privati, la cosa non sarebbe del tutto improbabile, ma preferiamo pensare solo ad una poco felice scelta ferragostana, ed invitiamo l'amministrazione a tornare sui suoi passi (prima di spendere soldi in progetti ambigui), indicando per i migranti, se davvero li vuole accogliere, qualcun altro dei suoi stabili e progettando per l'antico convento un recupero più coerente con la sua origine quattrocentesca.