SCOMPARE L´INDUSTRIA PATTESE

01-08-2015 16:43 -

Nel quadro drammatico in cui lo SVIMEZ ha di recente raffigurato la desertificazione industriale del Meridione d´Italia, mettiamo a fuoco ancora una volta la drastica situazione pattese, in cui si è definitivamente chiusa la storia anche dell´ultima fabbrica del paese, la "Ceramiche Caleca", dopo l´incriminazione dei proprietari (Gaetano e Rossana Caleca) per "bancarotta fraudolenta, con distrazione di risorse dal patrimonio societario e falsificazione dei bilanci".
A determinare questa inappellabile chiusura della fabbrica di ceramiche (che nel 2011, anno del fallimento, occupava 49 operai, 25 dei quali lavoravano ancora, fino all´anno scorso, nel grande stabilimento dell´area industriale pattese, affittato alla "Majolica Italiana") è stata la richiesta di fallimento e di sequestro di capannone, macchinari e scorte (persino di quelle già vendute) da parte del principale creditore: il dott. Salvatore Ruggeri, manager di Valvitalia.
E´ lui stesso ad affermarlo, per bocca dei propri legali, nel ricorso d´urgenza presentato all´inizio di quest´anno contro le inchieste svolte dalla nostra Associazione sulla storia delle fabbriche pattesi (di recente rigettato dal giudice). Nel ricorso si ricorda infatti che nel 2007 il Dott. Ruggeri "attraverso una sua società, la ITH, stringeva un rapporto commerciale con la Ceramiche Caleca (...). L´impegno profuso era di rilevante peso economico, trattandosi di circa 600.000 euro, nonché di carattere professionale, puntando a rilanciare un´attività di pregevole fattura che però, da lungo tempo era oggetto di una grave crisi (...). Il progetto era quello di sfruttare le competenze manageriali, la rete commerciale creata a livello mondiale per le proprie attività per promuovere la vendita dei prodotti Caleca in Italia e nel mondo. Tuttavia, a causa delle gravissime inadempienze (...) della proprietà Caleca, l´accordo era risolto e la Caleca era condannata a rimborsare alla società del Dott. Ruggeri quanto dalla stessa investito. A seguito dell´espropriazione forzata attivata per il recupero del credito, essendo la Caleca insolvente, la ITH era stata costretta a richiederne il fallimento, che era dichiarato dal Tribunale di Patti con sentenza nr. 2 del 21/02/2013".
Ricordiamo che, più che di un accordo per la commercializzazione dei prodotti, l´intervento del 2007 si configurava in effetti (come precisa un articolo della "Provincia Pavese" che alleghiamo a fondo pagina) come una scalata, dato che Salvatore Ruggeri assumeva la presidenza della Caleca e i suoi due figli, Luca e Massimiliano, la carica di amministratore delegato.
Nonostante questo suo ruolo fondamentale nel determinare la chiusura dell´antica fabbrica pattese ed il licenziamento dei suoi 49 operai, il cavaliere Ruggeri torna oggi a presentarsi, in un articolo apparso il 26 luglio sul quotidiano messinese "La Gazzetta del Sud" (che riportiamo in allegato a fondo pagina) come il tutore della "tradizione ceramica pattese, dell´occupazione in questo settore e del tessuto sociale" del nostro territorio, dato che ha assunto 11 persone (tra cui alcuni ex-ceramisti Caleca) nella sua nuova azienda "Ceramiche Siciliane Ruggeri".
Questa fabbrica, che avrebbe dovuto aprire i battenti nell´area industriale di Patti, a pochi metri dallo stabilimento Caleca, il 1° aprile di quest´anno (come preannunziava il suo sito Internet), a tutt´oggi è ancora chiusa, per mancanza di alcune essenziali autorizzazioni, ma dall´11 luglio vende già alcuni manufatti, oltre che in uno degli stand allestiti dal Comune sul Lungomare di Patti Marina, anche in uno showroom aperto nello stabilimento ancora chiuso di Contrada Ronzino, nell´area industriale, a cui accedono anche "acquirenti che giungono dall´estero", per acquistare ceramiche prodotte per il momento, secondo quanto affermato dall´articolo della Gazzetta, "in un altro laboratorio sempre a Patti", di cui non è precisata l´ubicazione.
Il Cavaliere Ruggeri, infatti, è un manager che non si lascia imbrigliare dai "tempi estenuanti della burocrazia", per questo si è anche "sostituito alla Pubblica Amministrazione", facendo ripulire per propria iniziativa ed a sue spese, dalla ditta privata di un paese vicino, la strada di accesso all´Area Industriale, o almeno dobbiamo supporre che si riferisca a quel piccolo tratto, che appartiene ancora alla soppressa Area di Sviluppo Industriale, dato che l´Assessore al ramo di Patti non ha ricevuto la necessaria richiesta di autorizzazione ad intervenire sul suolo pubblico del territorio comunale.
In ogni caso, quello che ci preme sottolineare in questo periodo di crescente crisi occupazionale, più che la disastrosa rivalità tra aziende o la disinvolta confusione tra pubblico e privato, è l´esigenza di non alimentare, nei sempre più numerosi disoccupati del nostro territorio, speranze di occupazione illusorie o destinate a dimostrarsi transitorie. L´effetto contraddittorio prodotto a livello nazionale dal renziano Jobs Act che, innestando false assunzioni e mal riposte speranze, ha incrementato il numero dei disoccupati ed un sempre più diffuso malcontento, dimostra quanto sia sbagliato e crudele questo gioco di specchi.