IL LUNGO AUTUNNO DELLE FABBRICHE PATTESI

06-02-2015 14:47 -

Gli effetti delle nuove leggi sul lavoro (il renziano jobs act) si manifestano anche nel Paese Invisibile e travolgono ciò che resta del fragile sistema industriale pattese.
Da una parte, infatti, la fretta di cancellare i contratti di lavoro operaio a tempo indeterminato e a piena tutela sindacale accelera la rovina dell´ultima fabbrica del paese, già gravata da perduranti errori di gestione, ma oggi affondata da discutibili scelte del tribunale fallimentare; dall´altra la prospettiva degli sgravi fiscali crea le premesse di una fabbrica "virtuale", presente al momento solo con un sito internet, che, pur se priva di capannoni, macchinari, materie prime ed acquirenti, promette di avviare le vendite dal 1° aprile (!) ed accumula intanto curriculum e colloqui di lavoro nello sconfinato esercito dei disoccupati pattesi, confidando forse in un più benevolo bando del curatore fallimentare, che le consegni a costo zero la fabbrica sequestrata.
Gli ultimi operai ceramisti, sopravvissuti alla breve esperienza industriale degli anni ´70, si trasformano intanto, da produttori orgogliosi di un´antica maestria artigianale, in un anonimo esercito di manodopera di riserva, che oscilla tra ciò che resta dell´assistenzialismo pubblico e l´ingresso in un affollato mercato del lavoro precario: quello dei contratti a tempo determinato, in cui la loro antica esperienza dovrà confrontarsi con i titoli cartacei di diplomati e laureati, che negli ultimi anni si sono specializzati soprattutto nel confezionare curriculum.
E´ questo il nuovo modo di produzione italiano, che, sulle orme del tanto deprecato modello cinese, mira ad esportare all´estero a basso prezzo, grazie ad un lavoro temporaneo e sottopagato, un prodotto privo di qualità, ridotto a brutta copia dell´artigianato artistico italiano.
Nel documento allegato in pdf a fondo pagina tentiamo una ricostruzione più particolareggiata dei fatti, che possa contribuire (ci auguriamo) ad una riflessione collettiva sui rischi di disgregazione sociale e di impoverimento materiale e culturale aperti da queste incaute scelte di politica industriale.