Gli Invisibili pattesi tra Economia di Stato e Globalizzazione

16-04-2017 16:58 -

Occupandoci soprattutto degli Invisibili del nostro Paese, raramente abbiamo motivo di parlare di economia e di politica mondiali, a meno che, naturalmente, non siano le scelte politiche nazionali e l´economia multinazionale ad occuparsi direttamente dei nostri Invisibili. Lo facciamo perciò oggi necessariamente su alcuni problemi di Ristrutturazione industriale e di Mercati Internazionali, che li coinvolgono strettamente, anche se non sempre questi legami sono evidenti.
Che rapporto ha, ad esempio, con gli Invisibili pattesi il recente tentativo della Cassa Depositi e Prestiti italiana di acquisire in Francia, tramite Fincantieri, i cantieri navali Saint-Nazaire, gruppo a partecipazione pubblica ritenuto strategico dal governo d´oltralpe? Cerchiamo di spiegarlo brevemente.
La Cassa Depositi e Prestiti è un Istituto Nazionale nato addirittura prima dell´Italia, quando nel 1850 il Regno di Sardegna la destinò ad investire, in opere di pubblica utilità, capitali arrivati allo Stato dal risparmio privato. Dal 2003 ha assunto la forma di una Società per Azioni, controllata all´80% dal Ministero dell´Economia e delle Finanze, ed è diventata essenzialmente una BANCA D´AFFARI DI STATO, che finanzia enti locali, società a capitale pubblico ed aziende private, con i soldi che le derivano in gran parte dal risparmio postale e, di recente, dai Fondi pensione. In questa veste, la Cassa ha dato corpo alle scelte politiche degli ultimi governi italiani sui costi del lavoro ed alle scelte globalizzanti (più che europeiste) della nostra Economia di Stato.
La Cassa, infatti, finanzia alcune imprese italiane non per sostenere l´occupazione in aziende in difficoltà, quanto per pilotare ristrutturazioni e rimodellare il sistema produttivo. La sua linea è: ridurre i costi del lavoro e puntare ai mercati esteri, non solo per le vendite, ma anche per l´acquisizione di settori strategici (come i cantieri navali francesi). Questa politica, anche se ha frenato finora il crollo del Prodotto Nazionale, comporta una netta riduzione dell´occupazione italiana e della capacità d´acquisto dei mercati interni, determinando anche il fallimento delle aziende che non esportano e dei piccoli commercianti, in un gigantesco "effetto domino", che non tarderà a mostrare la moltiplicazione della crisi.
Queste scelte hanno avuto riflessi anche sulla vita degli Invisibili pattesi? Purtroppo si: nel dicembre del 2013 il Fondo Strategico Italiano (oggi C.D.P. Equity, finanziato all´80% dalla Cassa Depositi e Prestiti) entrava (al 49,5%) nella "Valvitalia" di Salvatore Ruggeri, azienda italiana leader nel settore delle valvole (esposta però in quel momento, per una crisi di liquidità, al rischio di acquisizione da parte delle concorrenti americane), individuando nel suo abile manager un alleato prezioso nella sua politica economica. L´ingresso del Fondo apriva infatti per Valvitalia, come scrive lo stesso Ruggeri, una nuova fase economica, basata sull´acquisizione di "piccole aziende, in possesso di maestranze esperte, di prestigiosi know haw e di marchi storici, costrette nella fase della globalizzazione e in un periodo di crisi economica ad affidarsi ad un manager dotato di capacità di ricorrere al credito e di una struttura commerciale sovranazionale". A partire dal 2014 Valvitalia (rifinanziata dalla Cassa ed assistita da alcune Fondazioni bancarie) acquisiva, tra l´altro, ad Ancona, la "Eusebi", prestigioso marchio storico nel campo degli impianti antincendio, proprietario anche di alcuni stabilimenti all´estero, licenziando, dopo appena un mese, il 20% degli operai, nonostante cospicue commesse statali, arrivate da Fincantieri (che è una partecipata della Cassa Depositi e Prestiti), da Trenitalia e dall´estero, mentre a Patti, non potendo acquisire direttamente la "Ceramiche Caleca", ne determinava il fallimento ed apriva un nuovo stabilimento, le "Ceramiche Siciliane Ruggeri", in cui inglobava, oltre ad una parte delle maestranze della Caleca, due piccole aziende artigianali del settore, la Melita e la Cavallaro, mantenendo però in tutto meno della metà degli occupati precedenti (una dozzina rispetto ai 29 rimasti allora alla Caleca più quelli di Melita e Cavallaro) e riproducendo stile e disegni nel solco della tradizione pattese, ma su un prodotto di base non più locale, destinato ad un mercato soprattutto internazionale, grazie ai canali commerciali di Valvitalia.
Ricapitoliamo: riduzione dei costi del lavoro, applicazione del marchio storico delle ceramiche pattesi ad un prodotto meno costoso, vendita su mercati esteri, spesso incapaci di valutare le differenze di prodotto. In una parola: Globalizzazione. A vantaggio di chi? Non certo degli operai pattesi, in continua emigrazione, né dei commercianti, che continuano ad abbassare le saracinesche, nonostante Ruggeri si riproponga ostentatamente come un "sostegno per chi porta la croce", donando ai pattesi, per la processione del Venerdì pasquale, una nuova "varetta", raffigurante il Cireneo (quella che appare nella foto accanto, tratta dal sito di "In Cammino Web"), che per la prima volta nella lunga storia delle nostre processioni appare fornita di "sponsor". Né possono convincere le prospettive, delineate di recente da Ruggeri, sull´arrivo di una clientela turistica internazionale, destinata a sostituire i depauperati acquirenti locali, grazie ad investimenti turistici ed industriali, già avviati o da avviare al più presto, che rischiano di continuare a devastare il territorio pattese.
L´adesione totale all´economia globalizzata, dichiarata apertamente dal Governo Italiano, comunque, pesa anche in un altro modo sull´economia degli Invisibili pattesi: tramite l´importazione di prodotti agricoli Mediterranei, da Paesi a bassissimo costo del lavoro, come Turchia e Nord Africa, sottratti alle rigide regole europee sulla modalità e sulla qualità delle colture. I nostri piccoli e medi produttori, gravati da un´intricata legislazione nazionale e costretti a modificare le colture per inseguire i finanziamenti europei, stretti tra la grande distribuzione ed il crollo della domanda interna, rischiano di abbandonare definitivamente la coltivazione dei nostri territori, già preda, per buona parte, della desertificazione.
Per questo riteniamo essenziale sottrarre definitivamente gli Invisibili pattesi ad iniziative che rischiano di ridurre ulteriormente l´occupazione e di stravolgere il territorio, sostenendoli verso una nuova forma di mercato, realmente identitaria e solidale che, unificando antiche forme produttive e potenzialità delle nuove tecnologie, possa aprire prospettive radicalmente diverse di economia autosostenibile e di stili di vita.