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I MIGRANTI CINESI DEL PAESE INVISIBILE

07-12-2013 17:16 - News Generiche
Le lanterne rosse, simbolo dei negozi cinesi
Quattro anni fa, quando aveva affittato un appartamentino in un condominio di Case Popolari ormai acquistate dai loro assegnatari, quella coppia di giovani cinesi di Prato, venuta da una sperduta provincia della Repubblica Popolare a gestire un negozietto di abbigliamento in un paesino siciliano, era stata accolta con fastidio.
Persino chi da giovane era stato emigrante nelle fabbriche di Milano e ricordava ancora quei cartelli offensivi ("Non si affitta a meridionali"), mal sopportava che "i cinesi" abbassassero il livello sociale di una piccola borghesia conquistata a fatica e gelosamente difesa.
Poi i ragazzi si son fatti conoscere con i loro modi gentili, i visi sorridenti, i loro tre bambini nati di fila, eludendo in fretta la patria legge sul figlio unico, e son riusciti a farsi voler bene, tanto che tutti avevano imparato almeno i loro nomi italiani. Ad un tratto, però, i due ragazzi sono andati via, con la macchina colma della merce rimasta e delle poche cose di proprietà: sono tornati a Prato, perché la rigorosa legge economica che li guida li ha allontanati da un paese troppo in crisi e dai nuovi amici siciliani.
Così qualche giorno fa, quando la televisione ha mostrato il rogo della fabbrica di Prato e qualche foto sbiadita e ha riportato nomi cinesi che nessuno distingue, quei vecchi migranti siciliani hanno pensato con paura che tra le vittime avrebbero potuto esserci anche i "loro" due giovani cinesi, che ora non sono più "extracomunitari", ma come loro lavoratori, come loro migranti, come loro invisibili.

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